di Salvo Barbagallo
È possibile che si dimentichi che il MUOS di Niscemi è una installazione con finalità belliche “non italiana”, ma di proprietà e uso esclusivo degli Stati Uniti d’America? È possibile!
Alessandra Ziniti sul quotidiano La Repubblica del 10 febbraio scorso ha scritto: Un altro passo verso l’entrata in funzione della stazione di Niscemi del Muos, l’impianto satellitare di comunicazioni americano bloccato dal braccio di ferro giudiziario nelle aule di tribunale italiane.
La Corte di Cassazione, confermando il verdetto del Tribunale del riesame di Catania, ha reso definitivo il dissequestro dell’impianto ritenendo che le opere realizzate all’interno dell’area militare nella sughereta di Niscemi siano legittime e dunque non abusive (…) I giudici di Catania avevano acquisito integralmente la verifica sull’impianto su eventuali danni alla salute delle persone disposto dal Consiglio di giustizia amministrativa. Sostanzialmente per i Tribunale del riesame le autorizzazioni per realizzare l’opera erano legittime e il Muos non è più abusivo e quindi ha disposto la revoca del decreto di sequestro emesso il 31 marzo del 2015 dal Gip di Caltagirone e la restituzione del Muos al ministero della Difesa.
Ci chiediamo: come può essere restituito “al ministero della Difesa” italiano un impianto che all’Italia non appartiene? Sicuramente un interrogativo “da ignoranti” in materia di legislazione internazionale, ma tant’è: navighiamo tutti (o quasi) nell’ignoranza di ciò che il Governo del nostro Paese porta avanti nel delicato campo degli “accordi” bilaterali Italia-USA per quanto attiene la presenza stabile nel territorio nazionale di basi, militari armati, installazioni tecniche sofisticate, droni e quant’altro di “utilità” bellica “straniera”.
Chiarificatore il comunicato diramato dal Comitato “No MUOS” che puntualizza: Di fronte ai titoli e agli articoli sul pronunciamento della Cassazione in merito al dissequestro, corre l’obbligo di informare l’opinione pubblica che il MUOS non appartiene al Ministero della Difesa italiano ma al governo USA; la notizia che il MUOS torna al Ministero della Difesa, pertanto, non ha alcun fondamento poiché l’impianto del Mobyl User Objective System (MUOS, appunto), installato all’interno della sughereta di Niscemi, in Sicilia, appartiene al corpo dei Marines degli Stati Uniti D’America, nazione che nel mondo comanda militarmente l’Occidente, ma che, fino a prova contraria, non ha ancora annullato la sovranità territoriale dello Stato Italiano. Si puntualizza che Tribunale di Caltagirone ha aperto il procedimento per abuso perché la costruzione viola il Regolamento della Riserva Naturale Orientata “Sughereta di Niscemi” per il quale l’area sulla quale sorge è inedificabile. Tale procedimento penale è ancora in corso. I legali del Movimento No MUOS, in attesa di conoscere le motivazioni sottese al pronunciamento, puntualizzano che la Cassazione si è espressa sul sequestro che è una misura cautelare, mentre il giudizio penale è in corso e deve ancora aprirsi il dibattimento. Appare, pertanto, del tutto singolare il leit motiv comune ai comunicati stampa e ai servizi radiotelevisivi lanciati in queste ore da quotidiani locali e nazionali tesi a presentare tale pronunciamento come definitivo: evidentemente, la fonte delle notizie, parziali e di parte, evita con attenzione di informare che il procedimento penale è agli inizi.
Il discorso della “presenza” armata in Italia degli Stati Uniti d’America ovviamente ha un “respiro” più ampio, intendendo “presenza USA autonoma” e non strettamente legata agli impegni NATO. Una “presenza” che, in altri tempi, in molti avrebbero osteggiato, anche sul piano ”politico”. Oggi, in realtà si sconosce la vera consistenza dei militari statunitensi in Italia, e quante siano le basi USA. L’Enciclopedia Treccani (a firma Vincenzo Leone) informa: In Italia ci sono 59 basi militari americane. Si tratta del quinto avamposto statunitense nel mondo per numero d’installazioni militari, dopo Germania, con 179 basi, Giappone con 103, Afghanistan con 100 e Corea del Sud con 89. E se la fine della Guerra Fredda ha imposto un graduale disimpegno delle forze americane impegnate in Europa, negli ultimi vent’anni il Pentagono ha invece continuato ad investire sulle basi italiane, divenute negli anni vere e proprie rampe di lancio per operazioni in Africa e Medio Oriente (…) in un lungo articolo la rivista Mother Jones, che ha quantificato in più di 2 miliardi di dollari la spesa del Pentagono negli ultimi vent’anni per le basi di Napoli, Aviano, Pisa, Vicenza e per quelle in Sicilia. (…) A contraddire le linee ufficiali che parlano di semplici “garrisons”, presidi, ci pensano i numeri. La base italiana di Vicenza – oggi rinominata caserma del Din – è stata recentemente ampliata grazie ad un progetto che in 8 anni è costato 304 milioni di dollari ai contribuenti americani. Duemila (…) Dall’ottobre del 2001, con l’avvio del nuovo anno fiscale, il Pentagono ha stanziato 300 milioni di dollari per i lavori di ampliamento della base di Sigonella . Numeri che ci dicono che gli Stati Uniti negli ultimi anni hanno investito di più in Sicilia – eccezion fatta per Vicenza – che in altre basi italiane. Uno sforzo economico che ad oggi ha portato Sigonella ad essere il secondo aeroporto militare più trafficato d’Europa e la prima pista da cui nel 2002 sono decollati in perlustrazione i droni Global Hawk. L’utilizzo dei droni è poi diventato regolare prassi grazie ad un accordo Italia-Usa che dal 2008 consente agli americani di utilizzare gli hangar di Sigonella come base per i droni. Negli ultimi cinque anni, il Pentagono ha sborsato altri 31 milioni di dollari per la sola manutenzione dei Global Hawk (…). C’è da rilevare che questa informativa Treccani risale al 14 ottobre 2013, mentre alcuni giorni prima (6 ottobre 2013) il quotidiano La Repubblica scriveva: Oggi le truppe americane in Italia sono il 15% di quelle in Europa, rispetto al 5% del 1991. In aumento gli investimenti del Pentagono: dalla fine della guerra fredda spesi qui 2 miliardi di dollari. Aviano e Sigonella sempre più strategiche (…).
Negli anni successivi alle installazioni USA (più o meno note) si è aggiunto a Niscemi il pericolo complesso bellico del MUOS e a Sigonella al contingente dei “Global Hawks” si è affiancato quello dei droni “Predator”. Non c’è che aggiungere altro, se non chiedersi quale “politica militare” adotterà il nuovo Presidente USA, Donald Trump, nei confronti dell’Italia e, soprattutto, della Sicilia. Problematiche che al Governo italiano probabilmente in questo momento interessano poco, così come è intento ad osservare e attendere il risultato delle liti all’interno del Partito (il PD) che lo ha emanato…